Vino di Montecarlo |
Un po' di storia |
Le testimonianze dell’attività
nel settore vinicolo relative al territorio di Montecarlo sono
molto antiche: per la zona di S. Piero in Campo, in un documento
dell’anno 846 d.C., si parla di rendite livellarie in
natura, consistenti anche in “vino puro, di uva pigiata
tre volte secondo le regole, e poi svinata”. Nei secoli
successivi, soprattutto alla fine del Medioevo, la produzione
di vino accrebbe, grazie ai frequenti disboscamenti e alle bonifiche
avvenuti nei dintorni del paese odierno, di alcuni dei quali
6 rimasta memoria nelle pergamene duecentesche dell’Abbazia
di Pozzeveri, che parlano tra l’altro dei terreni più
soleggiati del versante sud-est della collina di Montecarlo,
noti col nome di Coste di Vivinaia, paese che precedette Montecarlo
sullo spartiacque del colle.
La storia del borgo si intreccia indissolubilmente con quella
del suo vino; un destino che si riscontra nel significato del
suo antico nome Vivinaia, ossia passaggio della Via del Vino,
che attraversava tutta la collina di Montecarlo. L’esistenza
di questa Via, che ebbe notevole importanza fino al tardo medioevo,
è significativa del fatto che la caratteristica preminente
dì questo territorio erano le vigne, e notevole e pregiata
la produzione del suo vino. In quel tempo, come per tutto l’Occidente,
grande fu l’influenza che esercitarono gli ordini religiosi
sulla produzione del vino; testimonianza ne fu il Monastero
di Benedettini fondato nel 1200 a S. Martino in Colle, che contribuì
a conferire quello caratteristiche che nell’età
dei liberi Comuni vennero riconosciuto al vino di Montecarlo:
"chiaro, vermiglio, puro e franco".
Nel 1371 compaiono i primi nomi dei tavernieri che sigillano
barili di vino Trebbiano e carri di vino rosso da vendere al
minuto, o meglio nelle taverne del paese, pagando in media otto
soldi di gabella per mezzo quarto. La gabella era una sorta
di dazio che veniva pagato a particolari ufficiali di Lucca
al momento dell’ingresso all’interno delle mura,
per alcune merci di maggior consumo. Il vino di Montecarlo per
tutto il XIV sec. veniva commercializzato ad Altopascio (che
allora era un piccolo villaggio del Comune di Montecarlo) e
mediante il lago di Bientina verso Pisa. Naturalmente a Lucca
e, sotto il dominio fiorentino, anche a Firenze. Si legge che
sino al 1567 la comunità paesana offriva vari fiaschi
di Trebbiano al Duca Cosimo I De Medici, alla cui corte “i
grappoli d’uva di Montecarlo e il Trebbiano di quella
comunità rallegrava i commensali”. L’opera
appassionata del Prof. Federico Melis ha potuto dimostrare che
proprio tra il 1400 e il 1500 il vino bianco di Montecarlo raggiungeva,
nelle contrattazioni sul mercato di Firenze, prezzi superiori
a qualsiasi altro vino.
Ma i vini di Montecarlo raggiunsero anche un’altra importante
corte della cristianità, quella dei Papi. Nel 1408 il
Papa Gregorio XII venne rapito dall’eccellente vino del
luogo, assaggiandolo a pranzo durante una visita a Lucca, e
da quel momento non se ne staccò più, ordinando
che le cucine pontificie se ne procurassero per imbandire le
mense papali. La consuetudine che il piccolo paese aveva di
onorare i personaggi di casa Medici con il suo più prezioso
prodotto, proseguì nel secolo seguente, quando ogni anno
veniva ordinato per la festività del glorioso San Giovanni
Battista venti fiaschi di trebbiano della “Comunità
di Montecarlo” (6 giugno 1626). Altro grande avvenimento
fu la presenza dei vini di Montecarlo sulla tavola delle nozze
reali del Principe Umberto di Savoia e Maria Josè, al
Quirinale nel 1930. A quel tempo i vini della Fattoria Marchi
Magnani e di altri produttori, Fattoria Pucci, Carrara, Pardocchi,
De Dominicis, ottennero numerosi riconoscimenti in Italia e
all’estero. Il vino allora era conosciuto da tutti come
“Lo Chablis di Montecarlo”. Attualmente, in particolare
modo negli ultimi 10/15 anni, c ‘è stato nella
zona un rinnovamento viticolo e tecnologico che ha portato i
vini delle aziende montecarlesi ad essere citate con ottimi
punteggi sulle principali Guide Italiane ed Internazionali ed
apprezzato nelle migliori enoteche e nei più buoni ristoranti.
Concludiamo questo viaggio nella storia del vino di Montecarlo
con i versi di una lode cantata dal poeta aretino Francesco
Redi, che nel suo celebre "Bacco in Toscana" nel 1840
scrisse "egli è il vero oro potabile, che mandar
suole in esilio ogni male irrimediabile". |
I Vitigni |
Per migliorare ulteriormente i propri vini,
un illuminato ed appassionato viticultore montecarlese, Giulio
Magnani, a quel tempo proprietario della Fattoria Marchi
Magnani (ora Mazzini), intorno al 1870, partì alla volta
della Francia per studiare i vitigni e le tecniche di vinificazione
dei nostri cugini d’Oltralpe che a quel tempo producevano
già dei vini apprezzati anche fuori dei loro confini.
Si recò quindi nella zona di Bordeaux e da quei luoghi
portò a Montecarlo il Sauvignon, il Semillon, il Merlot,
il Cabernet Franc ed il Cabernet Sauvignon. Ancora, riportò
dalla zona del Rodano il Roussanne ed il Syrah e dalla Borgogna
i Pinot bianco e grigio. Tornato a caso, sperimentò le
percentuali giuste dei vitigni da aggiungere al Trebbiano al
fine di produrre un vino più elegante, morbido e profumato.
Proprio questi vitigni, compresi nel disciplinare del vino
DOC di Montecarlo, hanno caratterizzato profondamente
l’assoluta singolarità di questi vini, che vantano
oltre un secolo di felicissimo ambientamento e armonico radicamento
nel territorio di Montecarlo, Altopascio, Capannori e Porcari,
i quattro paesi che formano il terroir dei vini di Montecarlo.
Si è realizzato così un armonico blend tra i vini
autoctoni e i vitigni cd migliorativi di origine francese, secondo
le tendenze e gli orientamenti della più innovativa scienza
viticola italiana e toscana. |
Disciplinare di produzione |
Con decreto del Presidente della Repubblica
del 13 agosto 1969 avveniva il riconoscimento della denominazione
di origine controllata del vino "Montecarlo Bianco”
e l’approvazione del relativo disciplinare di produzione.
Il l° ottobre 1985 avveniva il riconoscimento della denominazione
di origine controllata del “Montecarlo Rosso”. Nel
1994 si ha un ulteriore modifica del disciplinare di produzione.
Per il Montecarlo Bianco è prevista
la presenza delle seguenti uve: 40-60% Trebbiano Toscano e per
il restante 40-60% Semillon, Pinot Gris e Bianco, Vermentino,
Sauvignon, Roussanne, globalmente considerati, purché
almeno tre dei vitigni indicati raggiungano singolarmente la
percentuale del 10%.
Per il Montecarlo Rosso è prevista la
presenza delle seguenti uve: 50-75% Sangiovese, 5-15% Canaiolo
nero, 10-15% singolarmente o congiuntamente Ciliegiolo, Colorino,
Malvasia Nera, Syrah, Cabemet Franc, Cabemet Sauvignon, Merlot.
All’art 5 del decreto del 1994 viene riconosciuta un denominazione
aggiuntiva di “Riserva” per il Montecarlo Rosso,
se il vino proviene da uve che assicurano un grado alcolometrico
volumico totale minimo di 11.5% e se viene sottoposto ad un
periodo di invecchiamento obbligatorio non inferiore a due anni,
di cui almeno sei mesi di affinamento in bottiglia. |
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